LO STRESS AGISCE SUL COMPORTAMENTO APRENDO UNA FINESTRA DI PLASTICITÀ EPIGENETICA

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 21 novembre 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo stress cronico altera le risposte ippocampali in termini comportamentali, fisiologici ed epigenetici, sia ad agenti stressanti familiari sia a nuove fonti di stress. È noto che gli aminoacidi impiegati come neurotrasmettitori eccitatori in regioni cerebrali di primaria importanza per le funzioni psichiche hanno ruoli chiave, sia negli effetti adattativi sia in quelli deleteri dello stress sul cervello. E, d’altra parte, l’alterata regolazione dell’omeostasi del glutammato è stata associata a numerosi disturbi psichiatrici e neurologici.

Bruce S. McEwen, Carla Nasca e colleghi hanno studiato i meccanismi della plasticità epigenetica nell’ippocampo, dovuta all’interazione fra una storia di stress cronico ed agenti stressanti acuti attuali, sia nuovi che familiari, in grado di alterare l’espressione di comportamenti del topo equivalenti allo stato ansioso e depressivo dell’uomo.

I risultati dello studio rivelano l’esistenza di una finestra di plasticità epigenetica che potrebbe essere sfruttata per il trattamento dei disturbi caratterizzati da alterata regolazione della neurotrasmissione glutammatergica (Nasca C., et al., Stress dynamically regulates behavior and glutamatergic expression in hippocampus by opening a window of epigenetic plasticity. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1516016112, 2015).

La provenienza degli autori è la seguente: Laboratory of Neuroendocrinology, The Rockefeller University, New York (USA); Center for Clinical and Translational Science, The Rockefeller University, New York (USA); Pharmacology of Synaptic Plasticity Unit, European Brain Research Institute, Roma (Italia); Department of Physiology and Pharmacology, Sapienza University, Roma (Italia).

Nel 1950 il Premio Nobel per la Medicina fu conferito a Hench, Kendall e Reichstein per la scoperta dei glucocorticoidi, per la definizione della loro struttura e dei loro effetti biologici. Ben presto si accertò che un elevato livello di glucocorticoidi per ragioni endocrinologiche oppure causato da stress determina effetti positivi e negativi sul sistema nervoso, generalmente reversibili nel giro di poche settimane. Ma, come è stato dimostrato da studi condotti negli anni Ottanta soprattutto dal gruppo di Robert Sapolsky, un’esposizione più prolungata può causare danni permanenti. Una delle alterazioni patologiche più note e studiate è costituita dall’atrofia dei neuroni piramidali nella regione CA3 dell’ippocampo di ratti e topi. L’ippocampo, come è noto, svolge un ruolo di controllo dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene nella risposta allo stress ed è un importante bersaglio dell’azione dei glucocorticoidi (cortisolo, nell’uomo) prodotti in eccesso per l’attivazione dell’asse CRH[1] – ACTH – cortisolo (glucocorticoidi negli animali). Le lesioni da stress dell’ippocampo costituiscono un punto nodale della patologia cellulare e molecolare dei disturbi acuti, cronici e post-traumatici, quali ASD, PTSD, depressione da stress, disturbi psicosomatici, ecc. I neuroni ippocampali sono notoriamente importanti per il comportamento adattativo, per la memoria di funzionamento, per l’apprendimento e per l’utilizzo di varie forme di memoria pregressa. Una temibile conseguenza dell’esposizione cronica ad agenti stressanti è la lesione del giro dentato dell’ippocampo, dove ha sede la neurogenesi adulta, con la differenziazione di nuovi neuroni impiegati per i nuovi apprendimenti e tenuti in vita dall’esercizio cognitivo che ne utilizza la funzione durante un periodo critico dopo la maturazione. Nel giro dentato i maschi hanno un numero totale di neuroni granulari maggiore delle femmine e, pertanto, dovrebbero in teoria sopportare meglio gli effetti tossici.

Gli studi più recenti sulle modificazioni indotte dallo stress sono stati maggiormente focalizzati sul livello molecolare, sia sulla biologia e sulla fisiofarmacologia di ligandi e recettori, sia sulla genetica delle principali proteine implicate nella risposta allo stress.

La sperimentazione dello studio qui recensito ha evidenziato che, come effetto dello stress cronico in topi a genotipo naturale e nei topi portatori di un allele con perdita di funzione del BDNF senza esperienze di stress, c’è una finestra di plasticità che consente ad esperienze familiari o nuove di modificare comportamenti equivalenti a quelli indotti nella nostra specie dall’ansia e dalla depressione. Tali cambiamenti si riflettono in mutamenti nel giro dentato dell’ippocampo, che sono stati rilevati e documentati con metodi elettrofisiologici in vitro.

I ricercatori hanno dimostrato che gli agenti stressanti che inducono inibizione acuta e nuoto forzato acuto, causano effetti differenti su questi comportamenti nei topi in condizioni di integrità naturale rispetto a quelli con una storia di stress cronico inibitorio. In termini di meccanismi molecolari, hanno rilevato un ruolo cruciale della regolazione in alto e in basso dell’ipotetico tipo 2 di recettore metabotropico del glutammato (mGlu2) presinaptico e del recettore post-sinaptico NR1/NMDA nell’ippocampo e particolarmente nel giro dentato, una regione di attiva neurogenesi nel cervello adulto e bersaglio della terapia farmacologica antidepressiva. Nasca e colleghi hanno registrato cambiamenti nel potenziamento a lungo termine (LTP), che riflettono le risposte comportamentali di abitudine allo stesso stressor inibente acuto e di sensibilizzazione ad un nuovo stressor di nuoto forzato.

In topi a genotipo naturale, dopo stress cronico inibitorio, e in topi non stressati, ma portatori dell’allele mutante del BDNF con perdita di funzione BDNF Val66Met, i ricercatori hanno dimostrato che l’attivatore epigenetico dell’acetilazione degli istoni, P300, gioca un ruolo guida nella regolazione dinamica in alto e in basso di mGLu2 nell’ippocampo, via istone-3-lisina-27-acetilazione (H3K27Ac), quando sono applicati stressors acuti.

Tali risposte ippocampali rivelano una finestra di plasticità epigenetica che gli autori dello studio si augurano possa essere impiegata per il trattamento di disturbi caratterizzati da perdita della regolazione della trasmissione glutammatergica.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-21 novembre 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Prodotto in abbondanza anche nell’amigdala e in altri neuroni oltre quelli canonici dell’ipotalamo, in condizioni di stress.